La caratterizzazione professionale dei giudici in età carolingia

Data inizio
1 settembre 2005
Durata (mesi) 
12
Dipartimenti
Culture e Civiltà
Responsabili (o referenti locali)
Castagnetti Andrea

Il Manaresi nella sua Prefazione all’edizione dei Placiti del Regno Italico – 1955-1960 –, fra altre considerazioni, osservava come la qualifica di giudice, prima degli ultimi decenni del secolo IX, non indicasse una qualificazione specifica di singoli componenti i collegi giudicanti, ma coloro che, variamente qualificati, come vedremo, erano incaricati da re e imperatori di amministrare la giustizia, per illoro ufficio di ufficiali pubblici o per incarichi specifici o anche solamente quali astanti. A riprova, portava il fatto che essi non si attribuivano la qualifica di giudice nelle sottoscrizioni. La situazione si modifica appunto negli ultimi decenni, quando coloro, qualificati come giudici regi e imperiali nella descrizione dei componenti i tribunali, tali si sottoscrivono anche di mano propria. Le osservazioni del Manaresi, se si toglie l’asserita costituzione di una `scuola di palazzo’, è accettata e ripresa sostanzialmente da altri studiosi.
Secondo la tradizione longobarda, coloro che erano incaricati di funzioni dell’amministrazione della giustizia, messi regi e duchi, e da coloro che li assistevano, come gli ufficiali infeirori, sculdasci e gastaldi, erano definiti iudices, per quanto non fosse tra loro alcun esperto di diritto, una prassi che in età carolingia continuò ad essere impiegata nel ducato di Spoleto, nei cui placiti tutti i partecipanti, a prescindere al ruolo assunto, erano denominati con l’appellativo tradizionale di iudices.
La composizione dei collegi in età carolingia era varia: anzitutto presidenti e copresidenti, spesso rappresentati da missi imperiali e regi, ufficiali pubblici maggiori, vescovi, ecclesiastici, scabini e notai, ufficiali minori, vassalli di diverso rango, da quelli imperiali e regi a quelli degli ufficiali o di singole persone, infine uomini liberi, più o meno numerosi, abitanti nei luoghi vicini.

In questa prospettiva il nostro obiettivo consiste nel delineare le tappe della progressiva caratterizzazione professionale dei giudici, dalla qualificazione generica applicata ai membri dei collegi giudicanti, alle prime qualificazioni riservate a persone più strettamente correlate alla conoscenza, pur rudimentale, del diritto, come vassalli alfabeti o letterati, scabini e notai, alla comparsa della qualificazione professionale, resa pubblica dai singoli attraverso la propria sottoscrizione individuale di giudici del re o dell’imperatore.
Seguiremo la `carriera’ di molti personaggi da vassalli regi, scabini o notai a giudici cittadini e a giudici regi. Infine, porremo in luce, servendoci di pochissimi documenti privati di area pavese e milanese, la percezione presso i contemporanei di personaggi caratterizzati, oltre che come esperti di diritto, già tali come notai e redattori di atti giudiziari, come “professionisti del diritto”, tanto da attribuirgli la qualifica di giudice anche in atti privati.
Questa percezione, che, per quanto pochissimo documentata, anticipa e insieme riflette il momento del passaggio dai giudici, in tale modo generico intesi, in quanto membri dei collegi giudicanti, e variamente qualificati – ufficiali pubblici, scabini, notai, vassalli, persone private, qualifiche che essi stessi dichiarano, in particolare i notai, che sottoscrivono agli atti quali notai regi o imperiali –, ai giudici di professione che iniziano ad assumere un profilo specifico dalla metà del secolo IX, funzionari esperti di diritto e ceto professionale – non a caso, i due esempi citati concernono un notaio imperiale e uno scabino, partecipi di collegi giudicanti –, ai quali è affidata la formulazione del giudizio.


Enti finanziatori:

Finanziamento: assegnato e gestito dal Dipartimento

Partecipanti al progetto

Andrea Castagnetti
Professore emerito

Collaboratori esterni

Giuseppe Gardoni
Scuola media statale professore scuola media

Attività

Strutture

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