Il progetto di ricerca intende proseguire, retrocedendo temporalmente, un analogo progetto incentrato sul rapporto tra la figura del “poeta di compagnia” e la prassi recitativa degli attori del primo Ottocento. In questa nuova ricerca ci si propone di affrontare un periodo fondamentale per la storia dello spettacolo italiano, il secondo Settecento, che vede il mondo teatrale italiano al centro di un grande rinnovamento. Dopo circa due secoli di indiscusso protagonismo, alla prassi della Commedia dell’Arte (legata all’interpretazione improvvisata sulla base di lazzi, tipi fissi e maschere) si sostituisce, seppur gradualmente, una recitazione fondata sulle battute pre-scritte da un autore esterno alla compagnia. Se questa Riforma viene portata a compimento per merito di Carlo Goldoni, è chiaro che non si assiste a una pura operazione letteraria, esclusivamente confinata alla carta, ma che, nello spazio tra attori e pratica di recitazione, si avverte in modo diffuso la necessità di una nuova figura professionale, il cosiddetto “poeta di compagnia”, al tempo già operante in Italia nel teatro musicale. Con questa ricerca ci si propone di fare luce su alcune figure coinvolte nello svolgimento della riforma teatrale del secondo Settecento, non solo dal punto di vista intellettuale, ma soprattutto da quello pratico, di gestione e allestimento della messinscena. In particolare si intende mettere a fuoco l’opera, le convinzioni e il lavoro pratico di alcune figure di autori-traduttori operanti in ambito veneto a diretto contatto con impresari, attori professionisti e compagnie di dilettanti, come, per esempio, Francesco Albergati Capacelli, Elisabetta Caminer, Alessandro Carli.