Lo scopo della ricerca è di impostare uno studio – finora mancante – circa la presenza e l’influsso degli ambienti rosacrociani sul territorio italiano in un periodo che va dall’eleborazione dei Manifesti nei primi anni del ‘600 – così intimamente legati alla figura di Traiano Boccalini e all’ambiente sarpiano – alla compiuta realizzazione di una serie di gruppi della “rinascita” rosacrociana che operarono nelle principali città italiane (Venezia, Firenze, Roma, Napoli) a partire dagli anni cinquanta del ‘600. Si tratta quindi di identificare in primo luogo le testimonianze indirette del rosacrocianesimo originario in ambito italiano, e di vederne poi l’evoluzione nei Cavalieri dell’Aurea e rosa croce, per i quali è disponibile una documentazione piuttosto ampia ed esplicita. Questa rete rosacrociana fu organizzata a da un personaggio che, arrivato a Venezia negli anni quaranta del ‘600, divenne ben presto una figura di riferimento per gli inquieti ambienti degli alchimisti italiani. Si riteneva che Federico Gualdi, questo il suo nome, avesse all’incirca quattrocento anni. Nessuno sapeva dire da dove provenisse né dove fosse andato quando, nel 1682, abbandonò improvvisamente Venezia. E’ certo però che fu almeno a partire dagli anni sessanta che era dato ad organizzare un gruppo di appassionati di alchimia fino a farne una setta. Inserendosi nel movimento di rinascita rosacrociana nato in quegli anni in Italia e di cui era uno dei principali esponenti, aveva chiamato i suoi discepoli Cavalieri dell’aurea e rosa croce. Si riunivano spesso, leggevano la Steganographia di Tritemio, opere di alchimia, di cabala, di medicina, discutevano d’arte e di questioni di politica internazionale. Erano divisi in due gruppi, uno di dodici membri, più vicino al maestro Gualdi, e una cerchia di altri 72. Come chiarì una denuncia al tribunale del Sant’Uffizio veneziano del 21 aprile 1676, ne facevano parte medici, scienziati, letterati, nobili legati alla corte romana della regina Cristina di Svezia, diplomatici, personaggi come il marchese Francesco Maria Santinelli, il medico e antiquario Nicolò Bon, un altrettanto noto collezionista come il fiorentino Pietro Andrea Andreini, l’affiliato alla Royal Society Francesco Travagino e così via. Un gruppo composito, con ampie protezioni all’interno del patriziato veneto e con forti legami con la nobiltà, il clero e gruppi intellettuali in tutta Italia, principalmente a Firenze e a Roma. Un sodalizio che per un ventennio conobbe un’attività piuttosto frenetica e che in seguito sarebbe diventato oggetto di una lunga serie di leggende: Federico Gualdi avrebbe incontrato Casanova negli anni settanta del Settecento, sul finire dello stesso secolo avrebbe soggiornato a San Pietroburgo e ancora agli inizi del ‘900 fu presentato come vivo e operante negli Stati Uniti.
La ricerca, di particolare impegno, consiste per la prima parte nello studio della produzione a stampa legata agli ambienti rosacrociani – presente nella Biblioteca nazionale di Firenze – e nell’analisi di materiali provenienti dagli Archivi inquisitoriali di Venezia, Roma e Napoli e di materiale diplomatico presente negli Archivi di Stato di Venezia e di Firenze. Per quanto riguarda i Cavalieri dell’Aurea e rosa croce, il processo dell’Inquisizione veneziana contro Gualdi è conservato nell’Archivio del Sant’Uffizio di Venezia, e sempre negli archivi veneziani sono recuperabili molte informazioni riguardo alla rete di rapporti sia dentro che fuori la città. Molti manoscritti attribuiti a Gualdi sono poi presenti in biblioteche fiorentine, romane e napoletane.