Il movimento dei giovani italiani repubblicani

Starting date
October 1, 2005
Duration (months)
24
Departments
Cultures and Civilizations
Managers or local contacts
Zangarini Maurizio

Da circa una decina di anni a questa parte la storiografia italiana ha mostrato una particolare attenzione ad un settore di studi sino a quel momento decisamente trascurato: l’analisi degli anni 1943-45 assumendo come fonti le carte d’archivio della Repubblica sociale italiana.
Nell’ambito di quelle ricerche hanno assunto un peso significativo l’esame dei movimenti interni al fascismo repubblicano, spesso tendenti a rinverdire alcune posizioni tipiche del fascismo della prima ora: repubblicano, sociale, vagamente rivoluzionario.
E’ quindi mia intenzione approfondire l’affacciarsi sulla scena politica di quegli anni dei nuovi movimenti, in particolare giovanili, che si fanno portavoce di un tentativo di modernizzazione del fascismo, cercando di renderlo più vicino ai tempi nuovi, di tagliare i legami con il passato violento e di inaugurare un fascismo che, pur nella assoluta continuità ideale, si mostri capace di giungere ad un nuovo pensiero politico nel quale tradizione e innovazione vadano di pari passo, nel quale il ritorno alla “purezza” delle origini sia sintomo di un rinnovamento spirituale e che, in nome di questo “spirito”, sia comunque fortemente motivato a continuare a combattere a fianco dell’alleato tedesco.
In particolare, intendo appuntare la mia attenzione sul Movimento dei giovani italiani repubblicani - si noti che nel nome non figura alcun riferimeno al fascismo -, un gruppo abbastanza sparuto e decisamente poco conosciuto, formato in prevalenza da studenti universitari con sede a Firenze e, stranamente, con qualche addentellato anche a Verona, sostenitori di un fascismo repubblicano e fortemente filonazista, al punto che gli stessi organi dirigenti del Partito fascista repubblicano guardarono con qualche apprensione alle teorie espresse dal gruppo.
Si tratta, in definitiva, di uno degli ultimi sussulti del fascismo morente, interpretato da giovani che, cresciuti in quel clima, si rifiutavano di valutare obiettivamente tanto la situazione politica quanto quella militare, "sicuri" che la fede nel fascismo – e molto meno quella in Mussolini – sarebbe stata sufficiente a riempire di ardore gli animi degli italiani fino a condurli alla vittoria finale.
Questo, almeno, nei proclami ufficiali. All’interno del Movimento, in realtà, la consapevolezza della tragicità del momento militare e della pochezza del residuo pensiero politico del fascismo repubblicano era ben diffusa.
La risposta, per loro come per migliaia di altri italiani in quel momento, stava nel mostrare la dignità delle proprie posizioni, nel non arretrare, nel restare al fianco dell’alleato nazista fino alla fine, pur nella consapevolezza dell’inutilità del sacrifico.

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