Libri proibiti, anticristianesimo e magia nel Seicento veneto

Data inizio
1 ottobre 2007
Durata (mesi) 
24
Dipartimenti
Culture e Civiltà
Responsabili (o referenti locali)
Barbierato Federico
Parole chiave
inquisizione, ateismo, miscredenza

Lo scopo della ricerca è l’analisi di uno degli aspetti più importanti e meno analizzati della miscredenza italiana fra la fine del ‘500 e i primi decenni del ‘600, vale a dire la commistione profonda fra sensibilità irreligiose ed ermetiche, fra ateismo e magia. Una commistione il cui studio consentirebbe di mettere in luce alcuni tratti degli inquieti ambienti intellettuali italiani prima della peste del 1630. Del resto una certa commistione di soprannaturale e di miscredenza era connaturata alla cultura libertina. Da dottrine astrologiche nasceva la teoria dell’oroscopo delle religioni, per cui «col volgere degli astri, si volge altresì il ciclo della nascita, ascesa e morte delle religioni o leges». I miracoli potevano essere spiegati come artifici magici, e pertanto riproducibili, come esperimenti scientifici, da chiunque fosse depositario di una qualche conoscenza nel settore e fosse quindi in grado di manipolare le forze arcane della natura. Di qui la convinzione che personaggi quali Mosè e Gesù Cristo non fossero stati altro che maghi, e che avessero usato i propri poteri per realizzare esperienze magiche spacciandole per miracoli, presentandosi in tal modo come profeti o messia. Una delle tante versioni della Clavicola Salomonis, testo di negromanzia di particolare diffusione nel periodo considerato, ricordava ad esempio ai lettori che frequentemente Mosè si serviva di un versetto dei Salmi per compiere le sue operazioni magiche, e che «avendo imparato in Egitto sotto il Regno di Faraone ciò che la magia naturale e cabalistica racchiude di più sublime, compose anelli misteriosi, che gli riuscirono di grande aiuto contro le persecuzioni di Faraone».
Il punto di partenza per la ricerca – da condursi su processi inquisitoriali, cataloghi di biblioteche, epistolari e letteratura secondaria – è un processo straordinariamente ricco, iniziato nel 1627 al Sant’Uffizio di Venezia. Un processo che il nunzio Giovan Battista Agucchia definì «nel suo genere la più importante causa che mai sia stata, si trovi, né possa capitar a quel tribunale». Vi erano coinvolti due fratelli, fra’ Giovanni e Pietro Spiera. Il primo teneva scuola, il secondo era medico. Leggevano l’Aretino e trattati di logica, bestemmiavano, negavano l’immortalità dell’anima. Avevano una fittissima rete di relazioni con nobili, dai quali avevano avuto «tanti favori … e hanno per ritardar il corso alla giustitia, anco de soggetti di stima, e qualificati». Ciononostante entrambi utilizzavano ed erano attenti lettori di libri di magia, da cui traevano conoscenze che tentavano di mettere in pratica oscillando costantemente fra lo scetticismo e la fiducia nelle possibilità del mondo magico. Condannati nel 1629, fra’ Giovanni morì di lì a poco mentre il fratello Pietro nel 1634 – dopo alcune turbolente vicende – fuggì dal carcere inseguito in tutta Europa da una certa fama e dalla taglia posta sulla sua testa dalle magistrature veneziane.
Le tematiche che emergono dal processo saranno contestualizzate all’interno dell’ambiente italiano attraverso il ricorso alla bibliografia esistente e al confronto con testimonianze documentarie da ricercare presso l’Archivio della Congregazione per la dottrina della fede di Roma.

Partecipanti al progetto

Federico Barbierato
Professore associato
Pubblicazioni
Titolo Autori Anno
Letteratura e Controriforma: gli indici dei libri proibiti Barbierato, Federico 2011
"Scritti da essercitare": diffusione e usi dei libri di magia in Età moderna Barbierato, Federico 2010
La rovina di Venetia in materia de'libri prohibiti". Il libraio Salvatore de' Negri e l'Inquisizione veneziana (1628-1661) Barbierato, Federico 2008

Attività

Strutture

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